::16-22 giugno 2007::
Fatti, cronache, personaggi, interviste in diretta da Taormina
dalla nostra corrispondente Maria Arruzza

domenica 17 giugno 2007
La sensibilità del cinema turco

Il secondo film in concorso della sezione Mediterranea, ci porta nella bellissima Turchia con “Adam and the Devil” (Adem’in Trenleri) di Bariş Pirhasan, che racconta, attraverso una toccante storia d’amore, il suo paese.
E per raccontare la Turchia nelle sue contraddizioni Pirhasan si è avvalso della fotografia di Peter Steuger, che avendo lavorato in diversi paesi europei, oltre che in Canada e Usa, ha un piglio molto fascinoso di rendere i grandi spazi e al contempo tanto da non mortificare i piccoli ambienti rurali.
Bariş Pirhasan (foto) poi pensa al resto che non è poco. La storia, scritta da Ismail Douruk, è quella di Hacer (una bella e intensa Nurgul Yesilcay) e dell’imam Hasan Hoca (Cem Ozer) in arrivo con la loro bambina in un villaggio anatolico, ancora legato a tradizioni e pregiudizi ancestrali. Hacer in realtà non è la moglie di Hasan Hoca, ma una giovane donna violentata e salvata dall’imam insieme con la sua bambina. Il villaggio presto scopre il segreto anche perché arriva pentito l’uomo che ha violentato Hacer.
La donna deve operare la sua scelta, tornare con il padre di sua figlia che sembra redento o restare con l’imam. Il racconto che tocca argomenti spinosi, soprattutto nel mondo islamico, è delicatissimo e raggiunge punte di estremo lirismo quando tutte le vicende vengono viste attraverso gli occhi di un bambino Adam, appunto. Alle prese con lo studio del Corano non riesce a capacitarsi di ciò che è bene e ciò che è male: “Alla fine non mi resta che l’inferno o l’inferno”, dice alla fine sconfortato dai rimproveri ricevuti.

Il personaggio dell’imam è tratteggiato con passionalità da Cem Ozer, attore molto noto nel suo paese soprattutto in televisione.
Pirhasan ha uno stile abbastanza asciutto e non indulge nel sentimentalismo, ma ciò nonostante riesce a colpire. Lungo e sincero è stato infatti l’applauso.

Maria Arruzza

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Inserito da Maria Arruzza alle 6:21:00 PM

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